Pietro Terzini, nato nel 1990 con una laurea in architettura, ha lavorato per diversi anni nel campo della moda - digitale ed è l'esempio perfetto di una personalità e di un fenomeno artistico contemporaneo che parte dalla popolarità sui social media per arrivare a grandi marchi come Tiffany, Stella McCartney , Moncler e Palm Angels.
Eclettico, emblematicamente contemporaneo nel suo approccio comunicativo digitale, Terzini vive i social media come un'agorà moderna attraverso la quale veicola la sua poetica personale e originale.
Conosciamolo meglio attraverso questa intervista di Artribune:
Quando hai iniziato a creare i tuoi contenuti artistici su materiali brandizzati?
Ho sempre voluto fare arte che potesse raggiungere un vasto pubblico e che potesse essere letta subito, una sorta di Pop Art 2.0. L'intuizione di utilizzare il packaging di marca è nata naturalmente osservando la realtà in cui viviamo: un mondo globalizzato, consumistico e interconnesso. Oggi, grazie alla pubblicità e ai social media, le griffe sono sempre più presenti nella vita delle persone, promuovono non solo prodotti ma stili di vita. I marchi hanno sicuramente un grande potere seduttivo e sono per lo più percepiti come status symbol. Uso l'involucro di questi simulacri moderni, li decostruisco e riattivo per descrivere direttamente e senza retorica la nostra contemporaneità.
Come sei riuscito a rendere seriale l'idea e a trasformarla in un progetto?
La serialità è insita nel ciclo produttivo dei brand stessi, che lanciano continuamente nuovi prodotti e collezioni. Questo cambiamento improvviso offre costantemente spunti di riflessione e materiali per la creazione di nuove opere d'arte.
Hai avuto un periodo analogico prima di diventare "Pietro Terzini" su Instagram e online. Quanto i social media hanno influenzato questa fase e come ti sei mosso?
Sì, certo, ho avuto un periodo analogico molto lungo! Vengo dal mondo del design e dell'architettura, mi sono formato soprattutto attraverso riferimenti analogici. Da molti anni realizzo quadri e oggetti astratti ispirati ai grandi maestri. Tuttavia, queste mie opere avevano un carattere manierista e non erano in grado di descrivere pienamente la contemporaneità. L'avvento di Instagram ha cambiato tutto. Non solo, ha determinato un cambiamento radicale nel mio linguaggio visivo e concettuale.
Perché hai scelto questo modo di comunicare?
Per me l'arte deve raccontare il presente, esserne una fotografia. Viviamo in un'epoca di rivoluzioni tecnologiche, internet e social media soprattutto, secondo me, è quello che ha e avrà la maggiore portata storica in futuro. La rivoluzione sociale non ha solo cambiato il modo in cui acquistiamo e consumiamo i prodotti, ma ha cambiato il nostro modo di relazionarci come esseri umani. La mia arte parla di questo. Uso le piattaforme digitali per renderlo accessibile, condividerlo, a volte crearlo. Attingo al linguaggio formale dei social media adottandone la sintesi estetica e l'immediatezza narrativa.
L'arte è un concetto astratto, che contiene molte aree. Come definisci l'arte oggi?
Penso che tutto ciò che è in grado di emozionarci o farci pensare, debba essere considerato arte. Mi piace molto e mi ritrovo nella definizione che Banksy le dà: "L'arte dovrebbe confortare il disturbato e disturbare il confortevole".
Il pubblico Millennial si identifica più attraverso gli account social che con la realtà. In che modo questo fenomeno può impattare sulla storia dell'arte?
Penso che il tema del linguaggio e del corretto utilizzo dei canali di comunicazione sia centrale. L'unico modo per innescare la curiosità, che si tratti di Millennials o di nuove generazioni, è quello di utilizzare il proprio linguaggio e di essere presenti sulle piattaforme in cui ottengono informazioni: Instagram, TikTok, Youtube e Twich.
I mondi della moda, del design, dell'arte, così come quello dei creativi e del web, si intersecano sempre di più e la tua espressione artistica ne è una prova vivente. Cosa si potrebbe fare per rendere queste aree più sinergiche e per comunicare il valore dell'arte e della storia dell'arte?
Credo che per crescere ogni disciplina creativa debba attingere e relazionarsi con altre discipline simili. Considero questo processo fondamentale per produrre un nuovo linguaggio espressivo. I mix sinergici tra moda, design e arte sono certamente da considerarsi arricchenti, e l'arte, in tutte le sue forme e declinazioni, ne beneficia, potendo così essere fruita da un pubblico molto più ampio rispetto al passato. Penso che al momento non esista una formula perfetta, è un processo in corso.
Cosa pensi che erediteremo da questo periodo storico?
La consapevolezza che, utilizzando la giusta tecnologia e i giusti canali di comunicazione, ognuno può avere la possibilità di far sentire la propria voce.
Cosa ne pensi degli NFT?
Saranno il futuro, ma non necessariamente in campo artistico, avranno applicazioni trasversali in vari campi.
Qual è il tuo consiglio per i giovani che hanno un progetto artistico da realizzare ma hanno paura di fare il grande passo o non sanno come realizzarlo?
Consiglierei di usare i social network e internet, poi direi loro di fare il grande passo e di non aver paura di sbagliare.
Fonti di ispirazione?
In ordine sparso: Kanye West, Kaws, Damien Hirst, Takashi Murakami, Andy Warhol. Detto questo, credo che le contaminazioni tra diverse forme espressive siano inevitabili, soprattutto se si vuole provare a descrivere artisticamente il mondo.