Sono nato e cresciuto a Novosibirsk (Siberia, Russia) e due volte nella mia vita mi sono trasferito in un altro paese e in un'altra cultura lontano dalla mia famiglia. Il trauma dell'immigrato, la perdita di connessioni, le frontiere chiuse, la scomparsa dei ricordi della madrepatria, il trauma dell'attaccamento in un contesto di trasferimento: il mio background gioca sicuramente un ruolo nella mia pratica.
Ho scelto il ricamo come mio strumento artistico dominante perché è espressivo, grafico e ritmico e mi consente di evidenziare la trama dell'opera d'arte, renderla voluminosa e - allo stesso tempo - è tattile e mi consente di tentare di formare ed esporre i "ricordi" metaforici nel mio lavoro, per manifestare l'essenza della memoria e includervi una componente emotiva. Per me è una pratica seria che mi permette di connettermi al mio lavoro su più livelli. Uno dei materiali che uso costantemente è un filo, che mi aiuta a "connettere il tempo" nel mio lavoro: passato e presente ed evidenziare l'importanza delle connessioni sociali per la nostra esistenza.
Gli oggetti che creo attraverso il ricamo e il tessuto spesso prendono la forma di un paesaggio immaginario, riflesso in un'acqua. Sono una metafora dei nostri ricordi parzialmente cancellati, riflessi nella nostra concisione distorta nel tempo con dettagli mancanti. Dove le convinzioni delle nostre esperienze passate riempiono gli spazi vuoti e mescolano i ricordi con le illusioni. Mi riferisco ai miei lavori come “Orizzonti” dove la linea dell'orizzonte è spesso ricamata, bilanciando e plasmando la connessione tra illusione e realtà, tra passato e presente. La parola "orizzonte" è spesso usata come metafora del futuro, di qualcosa che ci aspetta. I miei Orizzonti sono gli orizzonti del passato, spesso trascurati, quelli che ci lasciamo alle spalle, invisibili e invisibili, ma anche quelli che stanno plasmando il nostro presente e il nostro futuro.