Home Magazine Bio Art, la nuova frontiera bioetica dell'arte

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Un coniglietto che al buio diventa fosforescente, sculture fatte di tessuto vivo, un'artista che si auto-inietta plasma di cavallo sono alcuni esempi di opere e performance provocatorie, che invitano a riflettere sull'impatto delle biotecnologie e sui loro possibili utilizzi.

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Il termine Bio Art venne coniato nel 1997 dall'artista Eduardo Kac nella sua performance Time Capsule. È da allora che esperti, artisti e critici hanno iniziato a usarlo per definire una nuova pratica artistica la quale, applicando metodi e tecnologie scientifiche, esplora i sistemi viventi come soggetti di opere d'arte straordinarie e provocatorie. La Bio Art, salita non a caso alla ribalta nell'era della Big Science, si propone l'intento di scuotere il pubblico ponendolo di fronte alle proprie paure e portando alla ribalta una serie di questioni politiche ed etiche relative allo sviluppo tecnologico della bioingegneria.

Arte e scienza:  interazione

La linea di demarcazione fa arte e scienza sembrerebbe ben definita; se la prima nasce da creatività e immaginazione, la seconda si dovrebbe basare su fatti concreti e solo su ciò che può essere dimostrato. Ma nella storia le due discipline hanno spesso interagito: la scienza si è servita della creatività nei suoi campi di ricerca, mentre le arti hanno più volte utilizzato nuove tecniche per trasporre nella realtà ciò che l'ispirazione suggerisce all'artista.

Maurits Cornelis Escher, che per le sue opere si affidava alla scienza razionale dei numeri, venne acclamato dalla comunità dei matematici, ma inizialmente fu invece ignorato da quella artistica. Il famoso cosmologo Roger Penrose si ispirò alle opere dell'artista per esplorare nuove frontiere scientifiche e a sua volta Escher, nella creazione delle sue opere, fu fortemente influenzato dagli schizzi matematici di Penrose.

Emblematico è il caso di Alexandre Fleming, medico scozzese scopritore della penicillina nel 1928, che potrebbe essere definito un cultore di Bio Art ante litteram. Appassionato di pittura quanto della ricerca scientifica, il microbiologo si dilettava a dipingere quadri utilizzando batteri vivi variamente colorati, che era solito coltivare disponendoli anche sulle piastre di Petri (al Saint Mary’s Hospital di Londra, dove lavorava, allestì una mostra di arte batterica). Nel 1928 scoprì che un fungo stava uccidendo alcune parti delle sue opere: era la penicillina, una scoperta che rivoluzionò la medicina del XX secolo.

 

Artwork by Suzanne Anker exhibited at the Everson Museum of Art | Source/ cfileonline.org
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Bio Art, primi esempi

Per risalire al primo lavoro significativo di un artista che alcuni definiscono antesignano della Bio Art dobbiamo però risalire al 1938. All'Exposition Internationale du Surréalisme  Salvador Dalì espose il suo Rainy Taxi un'opera d'arte tridimensionale composta da una vera automobile con due manichini all'interno, attorno a uno dei quali strisciavano lumache vive.

Due anni prima si era tenuta la mostra Delphiniums al Museum of Modern Art (MOMA) di New York, nella quale Edward Steichen, famoso pittore, fotografo e appassionato orticoltore, usò una sostanza chimica (la colchicina, che sarebbe stata successivamente utilizzata per produrre mutazioni nelle colture e nelle piante ornamentali) per alterare geneticamente e produrre particolari variazioni di delphinium, esposti per l'occasione dal vivo nelle sale del museo. Fu George Gessert, un altro artista esperto di ibridazione vegetale, a identificare Edward Steichen come il primo creatore di arte genetica.

Arte transgenica

Ai loro lavori si è ispirato Eduardo Kac, che ha coniato un altro termine per definire una nuova forma d'arte basata sull'uso dell'ingegneria genetica per creare esseri viventi unici: l'Arte Transgenica. La sua opera più provocatoria, presentata per la prima volta ad Avignone (2000), è GFP Bunny, una coniglia albina di nome Alba geneticamente modificata che, illuminata di luce blu, risplende di un colore verde fluorescente grazie all'EGFP, una mutazione sintetica del gene fluorescente verde originale trovato nella medusa Aequorea victoria. Come prevedibile, essendo poi questo il vero scopo dell' Arte Transgenica, l'opera ha scatenato un acceso dibattito su argomenti già ampiamente discussi anche in campo scientifico e biomedico, quali gli aspetti etici che riguardano i processi di duplicazione e manipolazione genetica, la controversa questione del trattamento inflitto agli animali da laboratorio e l'intervento dell'uomo sulla natura in generale.

 

 Eduardo Kac - GFP Bunny Alba - 2000.

 

Molto scalpore ha destato anche la performance di Marion Laval-Jeantet e Benoît Mangin (Object Oriented Art) nota come Que le cheval vive en moi (2011). L'evento richiese una complessa preparazione e la Laval-Jeantet per alcuni mesi si fece somministrare immunoglobuline equine onde evitare una reazione immunitaria (l'artista chiamò questo processo mitridatizzazione alludendo alla presunta assuefazione ai veleni di Mitridate VI re del Ponto dovuta all'assunzione costante di dosi non letali degli stessi). Durante la performance l'artista si fece iniettare plasma di cavallo e indossò delle protesi da lei progettate che terminavano con degli zoccoli, permettendole di stabilire una maggiore corrispondenza con l'animale. Al termine dell'esibizione le venne estratto del sangue, che Mangin fece liofilizzare e conservare in piastre di Petri per esporlo successivamente come una sorta di materializzazione del mito del centauro.

Arte e biologia molecolare

Un altro importante esponente della Bio Art, Joe Davis, è l'autore di Microvenus (1990), la prima opera d'arte creata con tecniche di biologia molecolare. L'artista, in collaborazione con la genetista molecolare Dana Boyd dell'Università di Harvard, ha sintetizzato una molecola di DNA contenente le istruzioni per creare una figura simile a una Y e una I sovrapposte fra loro. Questa icona grafica, secondo Davis, è "identica a un'antica runa germanica usata per rappresentare la vita e la terra... e può anche essere considerata una rappresentazione dei genitali umani femminili". Successivamente questo pezzo di DNA sintetico, inserito nel genoma di un ceppo vivo di E. Coli, si è riprodotto con successo in miliardi di copie rendendo Davis, come lui stesso si definì, "l'editore di maggior successo" della storia.

Manifesto

Nel 2017, a 20 anni dalla definizione di Bio Art, Kac e George Gessert, Marion Laval-Jeantet, Benoît Mangin, Marta de Menezes, Paul Vanouse hanno pubblicato un manifesto che riassume le questioni affrontate nel loro lavoro fin dagli inizi. La Bio Art nel frattempo ha raggiunto una grande notorietà grazie anche alla disponibilità di nuovi metodi biotecnologici, che permettono agli artisti di esprimersi con nuovi mezzi espressivi e continua a fornire un prezioso contributo alla discussione di temi che riguardano i fondamenti etici e filosofici della società.

 

Alison Bennett, Bruise. Viewers can use a touch screen to manipulate and investigate a scan of a bruise. Couresty Alison Bennett.

 

Immagine di copertina: Jack Kolberg-Edelbrock, Supramolecular Confetti. Created in collaboration with Thomas Cotey.

A cura della redazione di Kooness

 

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