Tino Stefanoni, classe trentasette, è tra i protagonisti della storia dell’arte italiana del secondo dopoguerra
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Nel sessantotto tiene la prima mostra personale alla storica Galleria Apollinaire di Milano con un saggio introduttivo di Pierre Restany, da allora le sue opere sono state esposte in numerose gallerie, musei e spazi pubblici nazionali e internazionali.
Il lavoro di Tino Stefanoni, pur non appartenendo strettamente a quello dell’arte concettuale, di fatto si è sempre sviluppato nella stessa area di ricerca.
Ha sempre guardato al mondo delle cose e degli oggetti del quotidiano, proponendoli nella loro più disarmante ovvietà, come tavole di un abbecedario visivo o pagine di un libretto d' istruzioni dove le immagini sostituiscono le parole.
Nulla di straordinario in due case di campagna e in un covone di fieno; nulla di inusuale in un campanile in competizione con la cima di un platano! Certo, i campanili ci sono ancora, i covoni anche, eppure davanti alle sue piccole tele, ti pare di scoprirli ora e che la memoria li avesse perduti nel buio delle cose abbandonate.
Giorgio Cortenova, Quando la neve cadeva ancora, 2003
In molti dipinti ricorrono tutti gli elementi di un suggestivo paesaggio romantico, il notturno, l’alberello, il muro di una casa solitaria, ma tutto è portato così all’estremo da raggiungere l’effetto opposto a quello dell’emozione romantica: l’apparizione delle cose viene fatta decantare, con un distacco sottilmente velato di ironia.
Da lontano il disegno sembra netto, ma, se guardi con più attenzione, ti accorgi che non vi è nulla di assolutamente rettilineo: nessun palo o remo o muro ha spigoli che non siano tormentati da un ondeggiamento minimo ma nettamente percepibile, da un’insicurezza voluta, ricercata, finta, anch’essa quindi illusoria. Tu credi di vedere l’oggetto, vuoi vederlo ma ti viene impedito, l’illusione viene creata e insieme smentita, negata.
Marina De Stasio, L’illusione Svelata, 1996
L' incantato disincanto, La pittura come oggetto, Lo stato dei fatti, L' ironia oggettiva, L' illusione svelata, Amori platonici, Emoticon, Metafisica del quotidiano, Ironia poesia e così sia, Magica concettualità, L'enigma dell’ovvio, Pittura della mente, sono alcuni significativi titoli di testi scritti sulla sua opera.
Tra il settantasei e l’ottantatré utilizzando la lente di ingrandimento esegue una serie di dipinti ed opere litografiche come pagine di un libro-diario dove le immagini sostituiscono le parole, li chiama elenchi: “Elenco di cose 1,2,3 …”.
Per Stefanoni la pittura è un mezzo e non un fine, e lo stesso vale per gli oggetti della sua figurazione: sono strumenti per una ricerca, non il fine della ricerca stessa; ogni opera è un punto di arrivo del lavoro dell’artista ed è al tempo stesso punto di partenza per il pensiero.
Solo un poeta autentico riesce a raggiungere – con un tratto minimalista e una tavolozza altrettanto essenziale – una intensità visiva così liricamente pregnante. Ho incontrato Tino più di 40 anni fa, queste due qualità prevalgono tuttora nel suo lavoro.
Arturo Schwarz - Stefanoni. Catalogo ragionato delle opere, 2017
Dall’ ottantaquattro Stefanoni realizza i Senza titolo; i paesaggi o le nature morte, che da lì in avanti costituiranno il suo lavoro, hanno la metafisica distanza dal reale di tutte le altre opere.
Non vogliono spiegare, ma rappresentare uno stato delle cose.
Nello stesso periodo l’artista, con metodo analitico, continua la sua ricerca impiegando le tecniche grafiche tra cui la serigrafia.
In una intervista dichiara che la sua è pittura colorata, non dipinta: non c’è in essa pittoricità né atmosfera, sono escluse vibrazioni e sottigliezze, solo evidenza e brillantezza.
Tino Stefanoni scompare a Lecco il 2 dicembre 2017