Andrea Castrignano è un interior designer milanese che ha fondato il suo primo studio nel 1998. Con oltre vent'anni di esperienza nel settore, Castrignano non smette mai di creare e innovare, portando avanti nuove idee che non mancano mai di soddisfare le esigenze dei suoi clienti.
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Fin da piccolo appassionato di lego e di costruzioni, Andrea ha creato un lavoro che è per lui passione e vita. Per lui la casa è un luogo che rispecchia e racconta la storia del suo padrone, dove ogni elemento deve dialogare con l’altro, non lasciando niente al caso, anzi, ogni suo lavoro è frutto di grande ricerca.
Kooness: Raccontaci la tua storia, come sei diventato interior designer?
Andrea Castrignano: Il mio percorso è un po distinto. Quando i miei genitori si sono separati ho avuto la fortuna di seguire mia mamma in America per un periodo ed è qui dove ho imparato che architetto e designer vanno a braccetto. In Italia non era così, infatti sono stato il primo a portare la figura dell’interior designer in Europa. La cosa più importante per me è la cura del dettaglio, bisogna essere quasi ossessionati dalle piccole cose e fare in modo che tutto sia in armonia. Ogni cosa all’interno di una stanza deve dialogare. Io riprendo le forme o i colori di ogni elemento che utilizzo per arredare una stanza trovando un filone che dia una personalità allo spazio che creo. Non tutti gli architetti curano anche il dettaglio, è un lavoro di grande ricerca e di grande empatia.
Kooness: Come definiresti il tuo lavoro?
AC: Io mi definisco un po' sarto e un po' psicologo (ride). La cosa più importante per me è riuscire ad entrare in sintonia con i miei clienti e coinvolgerli nella realizzazione delle loro case, al contrario della vecchia scuola, dove ogni casa veniva disegnata e costruita con l’impronta dell'architetto e poco con quella del cliente. Io sono una figura che accompagna i sui clienti nell’esperienza della creazione di una casa, aiutandoli a fare le scelte migliori senza sbagliare.
Kooness: Come definiresti il tuo stile?
AC: Il direttore di AD Magazine, ha definito il mio stile come “Minimal Baroque”. Il minimale è fondamentale per la preparazione all’ambiente e poi tu devi essere bravo a metterci anche del tuo vissuto, integrare le cose che ti porti dal tuo passato nella tua casa, perchè a parer mio, la tua casa ti deve raccontare. Una casa parla di te dall’indirizzo a ciò che c'è al suo interno.
Kooness: Come si svolge la tua giornata da Interior Designer?
AC: Io non sono il tradizionale interior designer, quindi non c'è una giornata uguale ad un’ altra. Nel 2008 ho avuto l’opportunità di entrare nel mondo della televisione, che mi ha aiutato a crescere esponenzialmente e tanta visibilità. Oggi indosso una doppia giacca, sia quella di interior designer, che quella di comunicazione. Grazie ai programmi televisivi che ho condotto e che conduco tuttora, racconto la mia attività. All’interno di questo contenitore televisivo ci sono tante realtà che seguo sia come testimonial che come produttore, dove racconto sempre il mio prodotto diventando anche divulgatore.
Kooness: Noi consideriamo le opere d’arte come la ciliegina sulla torta di ogni casa. Quali risorse utilizzi e come selezioni le opere d’arte per le case che disegni?
AC: Quando iniziai il primo format che si chiamava “Vendo casa disperatamente”, la casa di produzione Endemol mi diede 5000 euro per dare un relooking all’ambiente che andavamo a ristrutturare e dare una nuova immagine, che, anche se erano altri tempi, non erano tanti soldi e le cose belle costano. Da qui ho introdotto il magico mondo dei colori, delle loro gradazioni e il ritorno della vecchia carta da parati che prende il nome di Wallpaper. Oggi, il Wallpaper è diventato un grande elemento scenografico, perché ti permette di decorare tantissimo prima ancora di appendere un quadro alla parete. Una parete spoglia implica che la casa non è finita, invece il wallpaper ti permette di creare dei murales prima di andare in una galleria e decidere quale quadro scegliere.
Kooness: C’è una divisione, chi sceglie l’arte e poi la casa e chi la casa e poi l’arte. Sono due punti di vista diversi, tu che opinione hai al riguardo? Come lavori di conseguenza?
AC: I collezionisti, mi danno in mano le foto delle loro opere e io devo costruire la casa in base a quelle. Qualche anno fa ho fatto il piano presidenziale di telecom, dove c’erano un sacco di opere importanti, tra cui quelle di Warhol, e qui abbiamo arredato gli interni ad hoc. L’arte è un elemento molto distintivo, un po’ come quando vai in una casa e non vedi libri, significa entrare in una casa e vederla senza personalità, il che è un peccato, ma purtroppo capita spesso. Invece, la gente ha capito che se non ha gli strumenti per farlo in maniera indipendente, si deve avvalere dei professionisti. Non si può sapere tutto, gli interior designers hanno la capacità di avere una visione dell’insieme che spesso nelle persone manca, è il nostro talento. Poi di questi tempi la tecnologia ci aiuta a rendere concreto e far vedere le nostre idee ai clienti. Una cosa che mi piacerebbe sottolineare è che nella nostra professione tanti pensano di poter improvvisare, ma non è un lavoro di improvvisazione. Noi pensiamo al dialogo, al fil rouge che si trova tra gli elementi. Per fare l’interior designer è importante fare dei percorsi ed avere gli strumenti necessari per poter lavorare al meglio.
Kooness: Abbiamo letto che hai creato delle home fragrances che presenterai durante questo Fuorisalone 2024, come è nata l’idea?
AC: Come tutte le cose, io sono un intuitivo, con un pizzico di genialità. Di fragranze ce ne sono tante, ma non c’era ancora qualcuno che le avesse legate ai colori. Io ho una serie di cartelle colori, che è uno strumento che mi sono inventato, perché la prima domanda che faccio ai miei clienti è: “e tu di che colore sei?”. La risposta a questa domande mi aiuta tantissimo a capire chi ho davanti, perché io non so niente di te, mentre tu vieni da me e hai un’idea di chi sono. Una sera stavo pensando, io sono un'amante dei profumi e delle fragranze che sono degli elementi fondamentali nelle belle casa, perchè ormai c'è sempre meno l’abitudine di aprire le finestre, l’aria è cattiva, si usano gli impianti di riciclo dell’aria; volevo dare un’identità olfattiva ai miei colori. Allora partendo dalla palette che ho sviluppato personalmente, ho conosciuto un naso e le ho raccontato le mie nuances e lei mi ha aiutato a creare le quattro fragranze che lancerò a brevissimo: Laguna, Blu Balena, Verde Army e Petrol. Il primo senso con cui una persona entra in contatto è l’olfatto, perché ti entra subito dentro, andando dritto al cervello.
Kooness: Abbiamo visto che hai lavorato e che presenterai un sacco di nuovi progetti quest’anno, di cosa si tratta?
AC: Quest'anno ho lavorato a diversi progetti, stando sempre attento alle esigenze del vivere contemporaneo. Oltre alle fragranze, ho ideato due termoarredi, dove al loro interno c'è un diffusore che emana le fragranze grazie al suo surriscaldamento. Inoltre ho ideato insieme ad Iconpop Factory e all’artista Andrea Pisano "Pop Therapy", un e-commerce di arte applicata ed oggetti di design, con vassoi e tavolini impreziositi dalla stampa di volti di icone pop del mondo del cinema e della televisione, attualità, musica e arte. In futuro, i vassoi potranno essere personalizzati con una propria foto e non solo con immagini pop. Invece, durante il fuorisalone presenterò il mio progetto in qualità di art director, “The Future of Living” allo Swiss corner in Piazza Cavour. Un progetto che racconta il concetto del comfort del futuro, una combinazione di tecnologia, sostenibilità ed efficienza. Con l’utilizzo di SketchUp, un software di programmazione 3D degli ambienti e di V- Ray, un software per realizzare render, ho unito elementi fisici e virtuali per creare un'atmosfera suggestiva. Abbiamo creato un grande wall, ricreando delle librerie e immaginando come queste potrebbero essere viste nel futuro. La scenografia sarà in movimento, perché lo sfondo continuerà a cambiare, ma il mio pizzico di follia è stato quello di far credere di essere sulla luna. Negli ultimi anni si parla tanto di spazio, ho deciso di crearlo utilizzando due light box che creano una vista lunare lontana dalla luna. Nel salotto di casa tua hai la possibilità di avere uno schermo dove ogni giorno proiettare un arredo diverso. Penso che sia molto scenografico come innovazione, ed io personalmente odio i grandi schermi neri, che sono sempre più presenti nelle case milanesi, perchè odio il buco nero. In casa mia il mio televisore è sempre acceso con immagini che ruotano, diventando un quadro in grado di rendere l’ambiente più gradevole.
Kooness: Quando devi iniziare un nuovo progetto, da dove parti?
AC: Inizio dal sopralluogo della casa, da cui capisco bene gli spazi. Poi, ascolto, per me è un elemento fondamentale. Prima di parlare ascolto solo la confusione nella testa dei nostri clienti, per capire cosa vogliono. Poi, faccio la domanda di rito, che i clienti odiano, quale budget hai, tutti voglio sempre spendere il meno possibile. Bisogna saper rompere il ghiaccio, perché tanto la timidezza non ti porta da nessuna parte, io nasco timido, invece in questo modo entri in contatto con il tuo cliente e sdrammatizzi perché non è facile far spendere soldi, bisogna farli divertirsi e renderli partecipi e renderli contenti del lavoro che c'è da fare. C'è anche un grande lavoro di psicologia, devi essere bravo a comprendere il cliente, che non si apre facilmente. Io devo entrare nei cassetti del mio cliente ed è fondamentale che lui si racconti.
A cura della redazione di Kooness