Home Magazine Una conversazione con Mario Bertoli, ideatore e coordinatore del Progetto PZero Digit

PZero Digit è un movimento artistico che comprende sia giovani artisti che artisti internazionali focalizzati sulla pittura digitale.

P Zero Digit ha l’obiettivo di diventare, per gli artisti che ne fanno parte, la base da cui partire per realizzare delle opere che siano capaci di essere contenitori di pensieri sempre diversi, nati dalla libertà di esplorare con naturalezza la propria creatività.
Tutte le opere realizzate in digitale da PZeroDigit sfidano le convenzioni e aprono le porte a un mondo di forme e colori mai visti prima. Generati da un elaborazione su supporto digitale, i lavori vengono successivamente realizzati con tecnologie e metodi all’avanguardia, dando origine ad oggetti simili a dipinti da inserire negli ambienti in cui viviamo dialogando con l’arredo contemporaneo e con il design.

Kooness: Descrivi il tuo ruolo all'interno di Pzero.

Mario Bertoli: Sono l’ideatore del progetto Pzero Digit e al tempo stesso il coordinatore di tutti coloro che collaborano con questo progetto.

K: Come nasce l'idea di Pzero?

MB: L’idea di Pzero Digit non nasce dal nulla, ma è una diretta emanazione e prosecuzione della mia esperienza da collezionista iniziata nel 1990 con la B.collection.

K: Quali sono le lacune che pensi Pzero possa colmare in un contesto come quello dell'arte contemporanea odierna?

MB: Da collezionista, negli anni '90 ho iniziato guardando agli artisti e ai movimenti del Dopoguerra. Quindi, ho studiato in autonomia libri di storia dell’arte, frequentando gallerie, artisti e fiere. Gradualmente, la mia esperienza e crescita personale mi hanno portato a guardare sempre più da vicino, ed oggi prevalentemente, all’arte contemporanea. Ho scoperto e preso consapevolezza che l’arte è sempre stata e sarà sempre contemporanea, perché una delle sue funzioni è saper leggere il nostro tempo e immaginare il futuro, contribuendo a realizzarlo. L’arte è in grado di intercettare in anticipo tutti i grandi cambiamenti che trasformano la nostra società. È indiscutibile che oggi il fenomeno propulsivo più significativo sia rappresentato dalla digitalizzazione, ma il sistema dell’arte si relaziona con questo fenomeno ancora in modo marginale. Pzero vuole contribuire a colmare questa carenza concentrandosi sulla pittura digitale, ovvero sul disegno, sui segni e sui gesti che incontrano la tecnologia dei tablet e dei pennelli digitali. La maggior parte degli artisti oggi ha un cuore digitale per la parte creativa dell’opera, ma per la parte realizzativa ricorre ancora ai mezzi tradizionali. Pzero Digit è un atto di coraggio coerente: il riconoscimento dell’arte digitale nel suo complesso, che completa la parte creativa con quella esecutiva, realizzata con la stampa digitale su diversi supporti.

Kooness
PZero Digit, Untitled. Courtesy of PZero Digit.

K: Tra i tanti termini che potremmo utilizzare per descrivere, uno fondamentale è “collezionista”: credi che avere un'opera Pzero arricchisca la tua collezione? Se sì, in che modo?

MB: Sì, sono un collezionista, e la risposta è assolutamente sì. L’ho provato sulla mia pelle. La mia collezione, B.collection, è variegata, eclettica e trasversale, con artisti dal Dopoguerra in avanti. Questo mi ha permesso di allargare la mia sensibilità, che oggi è in grado di inglobare i linguaggi più variegati. Visto che l’arte oggi si fa con tutto e siamo in un momento culturale dove prevale la frammentazione, oggi in casa mia le opere di Pzero Digit convivono in totale armonia con opere tradizionali, anche significative. E questo è il test più importante che si possa fare: reggono la scena. A volte si adattano anche meglio agli arredi attuali.

K: Perché optare per l'anonimato in un mondo in cui i NOMI sono così importanti?

MB: Vero, l’anonimato sembra un controsenso rispetto all’attuale cultura di esaltazione dell’individuo. È proprio questa esaltazione che crea tanta insicurezza di fronte a un cambiamento frenetico. Ecco allora che affrontare questa realtà in team e condividendo le conoscenze permette di crescere più rapidamente. Siamo in un momento che ricorda il dopoguerra degli anni '60, quando in tutta Europa sono nati gruppi di artisti che discutevano e sperimentavano nuove strade e tendenze. Questa esigenza è ritornata attuale, e insieme si possono sperimentare e ricercare nuovi linguaggi espressivi riducendo i rischi di esporsi.

K: Pensi che il digitale sia solo un bene per l'arte di oggi? Credi ci siano delle problematiche o degli svantaggi legati alla digitalizzazione in questo contesto?

MB: Il digitale è una grande opportunità, ma è molto importante interrogarsi su come rapportarsi con esso. Fisicità e virtualità si relazionano fino a creare una realtà ibrida, considerando anche la similitudine con il mercato della fotografia, che è oramai digitale da decenni. Abbiamo fatto una scelta significativa: realizzare e certificare esclusivamente pezzi unici. Uno dei punti negativi della fotografia, così come delle edizioni o delle litografie, è quello di non sapere il più delle volte quante opere esistono realmente sul mercato. Quindi realizziamo solo pezzi unici, a garanzia dei collezionisti. L’altra criticità è quella di decidere di possedere solo un file digitale, obbligando il fruitore a guardare sempre un monitor. Per questo motivo abbiamo deciso di puntare sul digitale fisico: un’opera reale da vedere e toccare. La fisicità è una necessità per l’individuo. Questo è il nostro approccio.

Kooness
PZero Digit, Untitled. Courtesy of PZero Digit.

K: Quali sono le opere che il pubblico apprezza di più?

MB: Le opere che il pubblico apprezza di più sono quelle astratte, opere aperte dove il fruitore vede riflessa una parte della sua interiorità, lasciando spazio alla libera interpretazione rispetto all’intenzione stessa dell’artista. Un altro elemento essenziale è il colore, che rappresenta il primo stimolo per le emozioni che l’opera può attivare, creando un ambiente che ti fa stare bene: il tuo ambiente, la tua casa, il tuo spazio.

K: Da poco Pzero Digit è entrato nelle scuole per realizzare laboratori artistici su arte e tecnologia. Cosa ci dici a questo proposito? Pensi che comunicare l'arte ai bambini sia superfluo o necessario?

MB: Sono convinto che la qualità più premiante che i nostri ragazzi possano sviluppare per il loro futuro sia la creatività. Quindi metterla in pratica sin da piccoli, in particolare nelle scuole medie, diventa un must. Anche perché si uniscono arte e tecnologia, sempre partendo dallo studio della storia dell’arte. La nostra è una società dell’estetica e della comunicazione.

K: Parlaci della collaborazione con Kooness. Di cosa si tratta? Quali sono i vantaggi?

MB: La collaborazione con Kooness è nata da poco, ma è una scelta strategica di lungo termine. Kooness è uno degli strumenti attraverso i quali guardiamo all’internazionalità del progetto. Grazie a loro abbiamo capito come le nostre opere abbiano un notevole potenziale e apprezzamento sul mercato internazionale.