Qualcuno la definisce un'esperienza emozionante e coinvolgente, un modo nuovo di "immergersi" nell'arte e di interagire più direttamente con essa. Certo è che le produzioni si moltiplicano e spopolano in tutto il mondo, coinvolgendo sempre di più il grande pubblico. Ma cosa sono e come funzionano le mostre immersive? E davvero sono in grado di ridefinire il concetto di mostra d'arte?
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"Hai mai sognato di entrare in un quadro? Con questa mostra ora puoi farlo": è questo l'invito allettante con il quale ci viene proposto di visitare Van Gogh: The immersive experience, una mostra immersiva fra le più in voga del momento, che a partire da questo mese andrà in scena anche a Milano presso lo spazio Lampo Scalo Farini. Ma di cosa tratta e perché questo tipo di esperienza espositiva, che incontra un crescente favore da parte del pubblico e dei social, scatena da una parte grande entusiasmo e dall'altra critiche al vetriolo? Avventurarsi all'interno di una mostra immersiva significa a tutti gli effetti vivere una diversa esperienza estetico-sensoriale, che alcuni definiscono sensazionale e che in ogni caso costituisce un nuovo modo di rapportarsi all'opera d'arte. Per consentire una totale immersione servono innanzitutto ampi spazi (fino a 3000 metri quadrati) e una combinazione di tecnologie che prevede l'utilizzo di potenti proiettori laser per riprodurre immagini su pareti, soffitti e pavimenti, grandi schermi, supporti sonori e fonti di luce. In molti casi viene offerta anche la possibilità di accedere a esperienze di VR che simulano situazioni virtuali tridimensionali all'interno delle opere stesse. In tal modo, sostengono i cultori del genere, gli amanti dell’arte di tutte le età hanno la possibilità di trasformare una fruizione passiva, in un'esperienza attiva e coinvolgente. Ma è davvero così?
Vincent Van Gogh La_nuit_étoilée, via Wikimedia Commons
Mostre immersive: il successo e la proliferazione
Il successo delle mostre immersive negli Stati Uniti è stato attribuito anche alla serie televisiva targata Netflix, Emily in Paris. Nella prima stagione, andata in onda alla fine del 2020, la visita della protagonista, interpretata da Lily Collins, alla mostra Van Gogh, Starry Night allestita presso L'Atelier des Lumières, un centro di arte digitale a Parigi ricavato da una vecchia fonderia dell'800, ha suscitato infatti grande curiosità. Il format di questa performance visiva e musicale, prodotta da Culturespaces, società del settore fondata nel 2000 da Bruno Monnier, ora a capo di un impero con un fatturato di 77 milioni di euro, era stato testato già a partire dal 2012 in una caverna di pietra calcarea denominata Carrières des Lumières, situata a Le Baux de Provence, un piccolo villaggio francese. Le video-installazioni di questo evento sono state curate da tre italiani: Gianfranco Iannuzzi, Renato Gatto e Massimiliano Siccardi. Quest'ultimo, Digital Artist di fama mondiale, dopo aver interrotto la collaborazione con Culturespaces ha accettato l'offerta di un'altra società del settore, la canadese Lighthouse Immersive. Da questa collaborazione è nato un nuovo spettacolo sull'artista olandese, Immersive Van Gogh Exhibit, progettato e ideato dallo stesso Siccardi, con la colonna sonora di Luca Longobardi. Il progetto, presentato in venti città americane, ha ottenuto uno strepitoso successo e ha venduto più di 5 milioni di biglietti. In realtà gli eventi immersivi che si ispirano alla vita e opere di Van Gogh sono innumerevoli. Oltre a Immersive Van Gogh Exhibit, ricordiamo Imagine Van Gogh: The Exhibition, Van Gogh: The Immersive Experience, Van Gogh Alive, Beyond Van Gogh: The Immersive Experience, solo per citarne alcuni. Ma non mancano proposte diverse, ispirate anche ad altri artisti. Siccardi ha realizzato due produzioni su Gustav Klimt e Frida Kahlo, Immersive Klimt: Revolution e Frida: Immersive Dream, mentre in Europa, Asia e Nord America girano titoli come Imagine Picasso, The Immersive Exhibition, Monet By The Water, Gaudí, Architect of The Imaginary, Chagall, Midsummer Night's Dreams e molti altri. Anche la Fondazione Dalì, ha consentito a IDEAL, un centro di cultura digitale con sede a Barcellona, l'utilizzo delle opere dell'artista catalano. È nato così Dalì cybernetic (riapre il 19 maggio 2023), un evento che secondo gli ideatori promette di essere un emozionante viaggio attraverso le opere più significative del maestro, esplorate da una prospettiva completamente nuova. E a dispetto di tutte le critiche avanzate nei confronti di questi progetti dai sostenitori dell’arte “tradizionale”, le esperienze immersive stanno iniziando a coinvolgere anche realtà istituzionali. Ne è testimonianza La Joconde: Exposition Immersive, coprodotta da Grand Palais Immersif e Museo del Louvre. Presentata lo scorso anno al Palais de la Bourse di Marsiglia, la mostra è un invito a riscoprire il capolavoro di Leonardo attraverso "un'esperienza interattiva e sensoriale unica". Grand Palais Immersif, istituzione culturale pubblica specializzata nella produzione di mostre digitali nazionali e internazionali, è una costola de La Réunion des Musées Nationaux–Grand Palais, realtà che da 130 anni gestisce il programma culturale del Gran Palais (attualmente in ristrutturazione) e di altre innumerevoli istituzioni museali francesi. La sua ultima produzione è Éternel Mucha, un'esperienza immersiva, interattiva e sensoriale che ripercorre l'opera del maestro dell'Art Nouveau. Prodotta con la Fondazione Mucha di Praga, la mostra è in corso al Grand Palais Immersif in Rue de Lyon a Parigi e chiuderà i battenti il 5 novembre 2023.
New York exhibit of America’s Original Experimental Celebration of the Art of Vincent van Gogh at New York’s Pier 36, via Wikimedia Commons
Mostre immersive: ma è tutto oro quel che luccica?
Com'era prevedibile, non tutti hanno apprezzato questa nuova modalità di proporre arte al grande pubblico. Sono molti i critici, giornalisti, esperti d'arte e gli stessi visitatori che si pongono in maniera fortemente critica riguardo al fenomeno. Alcuni ritengono che tali esibizioni finiscano per svilire l'arte e le tacciano di superficialità. Altri puntano il dito contro il fenomeno per cui molti visitatori accedono alle esperienze immersive spinti dal desiderio narcisistico di scattarsi un selfie più che per un reale apprezzamento del valore artistico delle opere proposte. A destare la diffidenza di molti è anche l'aspetto economico. Dietro alla fruttuosa attività commerciale di società come teamLAB, Brain Hunter Co., Fever Labs, divenute in poco tempo multimilionarie, ci sarebbe secondo alcuni, una mera logica di profitto che poco si cura dell'aspetto culturale. A tale proposito, anche i prezzi dei biglietti vengono ritenuti in alcuni casi esorbitanti. Qualche "purista" suggerisce provocatoriamente che meglio sarebbe ricominciare a frequentare i musei come la National Gallery di Londra, ad esempio, dove le opere si possono ammirare dal vivo e per di più gratis.
A cura della redazione di Kooness